In gran parte dell’Europa, a causa del cambiamento climatico al quale stiamo assistendo, si è spostato il periodo di piena dei fiumi. È quanto emerge dallo studiopubblicato sulla prestigiosa rivista Science “Changing climate shifts timing of European floods”,condotto dall’Università viennese Technische Universität Wien e 30 partner europei, tra cui il Politecnico di Torino con il professor Pierluigi Claps del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture. Lo studio ha dimostrato per la prima volta questo legame utilizzando un set inedito di osservazioni a scala continentale.
Fino ad oggi non era chiaro se il cambiamento climatico avesse un’influenza diretta sulle inondazioni piu’ importanti, un’ipotesi difficile da provare ma che, per la parte relativa ai periodi tipici di piena, è stata dimostrata per la prima volta grazie alla quantità e alla provenienza spaziale dei dati raccolti: 50 anni di dati da oltre 4.000 stazioni idrometriche provenienti da 38 Paesi europei. Un dataset senza precedenti in termini di copertura europea, sia per numero assoluto che per diversità dei sistemi fluviali studiati, allestito anche grazie alla creazione di un consorzio internazionale per la condivisione delle informazioni e del sapere finalizzato alla ricerca.
Partendo dall’ampia base di informazioni, gli scienziati del team coordinato da Günter Blöschl hanno esaminato attentamente la tempistica delle piene fluviali, dimostrando che le alluvioni in Europa negli ultimi 50 anni si sono spostate considerevolmente nell’arco dell’anno: “Nel nord-est dell’Europa, in Svezia, Finlandia e negli Stati baltici, le alluvioni tendono a verificarsi un mese prima che negli anni ’60 e ’70. Allora si verificavano solitamente in aprile, oggi a marzo, a causa dello scioglimento delle nevi anticipato – racconta il Professor Blöschl – Si tratta di uno strumento molto sensibile per decifrare le cause delle alluvioni: possiamo così identificare connessioni che precedentemente erano puramente teoriche”.
“Dal globale al locale: grazie alla mole di informazioni su larga scala è possibile istituire un termine di paragone e una classificazione a livello del singolo paese. Data la difficoltà del reperimento di dati su larga scala, si tratta di un significativo passo in avanti per capire meglio l’andamento delle piene fluviali, che, nel peggiore dei casi, possono diventare alluvioni– spiega il professor Claps, co-autore dello studio - Per quanto riguarda la situazione italiana, è stato possibile verificare in modo accurato l’anticipazione temporale delle piene sull’intero arco alpino, con possibili ricadute sulla gestione delle acque nella pianura padana”.
Ma il riscaldamento climatico non è l’unico fattore che determina l’apparente intensificazione delle alluvioni: il procedere in modo continuo verso l’urbanizzazione dei suoli e la carenza di interventi strutturali di mitigazione sono fattori certamente responsabili di esondazioni, anche recentemente riportate dalla cronaca.