È il monumento simbolo della Regione, testimonianza dell’eredità storica e artistica del nostro territorio, ma anche un bene comune sentito come proprio dai tanti piemontesi, per i quali rappresenta non solo un elemento dei paesaggi a cavallo tra Torino e la Valle di Susa, ma un pezzo della propria identità. La Sacra di San Michele è senza dubbio uno dei monumenti più rappresentativi del Piemonte, un bene-faro capace di attirare visitatori da tutto il mondo, e che da sempre vede la Regione Piemonte impegnata nella sua valorizzazione.
La storia dell’abbazia è inoltre strettamente connessa al monachesimo benedettino, al quale è legata la sua fondazione. La Sacra fu da subito autonoma e indipendente, e grazie a un’intensa attività di ospitalità, divenne luogo di scambio e incontro, contribuendo alla creazione del patrimonio comune di una grande civiltà religiosa. Proprio per questa componente dell’identità culturale del bene la Sacra di San Michele è entrata a far parte degli otto complessi monumentali candidati ad essere inseriti nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO come sito seriale “Il paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia medievale”.
Il Politecnico, con il professor Enrico Moncalvo del Dipartimento di Architettura e Design - DAD è referente scientifico nella predisposizione del Dossier di candidatura e del relativo Piano di Gestione che costituirà il secondo step della candidatura, ideata e promossa dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese, con il coordinamento generale e l’assistenza tecnico-scientifica dell’Ufficio UNESCO del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo (con l’architetto Francesca Riccio), con la collaborazione del Comitato Scientifico Nazionale, composto da un team di professori universitari, studiosi e accademici guidato da Ruggero Longo.
“La candidatura UNESCO ha tre effetti importanti - ha ricordato l’assessore regionale alla Cultura e al Turismo, Antonella Parigi nel corso di una conferenza di presentazione della candidatura al Circolo dei Lettori- Il primo di attrarre turismo, il secondo di creare integrazione territoriale attraverso una comunità impegnata a sostenere la candidatura, il terzo di rendere più consapevoli i cittadini del vero patrimonio che il nostro paese possiede”.
La candidatura apre inoltre possibilità di ricerca su più fronti, tra monumento e territorio circostante. Da un lato per individuare le caratteristiche di universalità richieste per l’ottenimento del riconoscimento UNESCO, viste nel rapporto della Sacra rispetto al paesaggio culturale degli insediamenti benedettini e delle altre sette abbazie in esame (Subiaco, Montecassino, San Vincenzo al Volturno, Farfa, San Pietro al Monte a Civate, Sant’Angelo in Formis a Capua, San Vittore alle Chiuse a Genga); dall’altro alla ricerca di opportunità e criticità emergenti dalle analisi territoriali per la definizione del sito e della buffer zone, l’area che deve garantire un livello di protezione aggiuntiva ai beni riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità. Partendo da questi aspetti, che dovranno approfondire le peculiarità storiche, artistiche, architettoniche, di restauro e territoriali relative al tema, il programma di ricerca si concentrerà anche sull’eredità immateriale della Sacra, quale motore dell’immaginario artistico e letterario.
In questo contesto, il riconoscimento UNESCO della Sacra potrà dare risonanza mondiale a un bene straordinario, ma anche all'intero territorio piemontese e in particolare alla Valle di Susa, il cui paesaggio culturale è storicamente legato alla presenza di altri importanti insediamenti benedettini, in primo luogo Novalesa e San Giusto di Susa.