Il progetto VALPO4CIRCULAR ECONOMY è nato per studiare approcci tecnologici differenti al tema del degrado ambientale provocato dall’aumento della produzione di rifiuti. Ogni anno nel mondo vengono prodotti miliardi di tonnellate di rifiuti, che mettono in grave pericolo la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. Attraverso soluzioni di economia circolare si possono riutilizzare materiali di scarto, trasformandoli in prodotti a valore aggiunto, che permettono di ridurre il nostro impatto sul pianeta e salvaguardare l’ambiente dove viviamo. Il progetto nasce da una call per l’internazionalizzazione della ricerca. Un progetto iniziato ad agosto 2018 della durata di 18 mesi, che ha riguardato la collaborazione e lo scambio di docenti, ricercatori e dottorandi tra il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico e la Scuola di Ingegneria Biochimica della Università Cattolica di Valparaiso in Cile. Le responsabili del progetto sono Tonia Tommasi per il Politecnico e Carminna Ottone per l’università cilena.
Il workshop organizzato al Politecnico rappresenta il coronamento di questo progetto, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulle tematiche ambientali e approfondire argomenti specifici, come l’impatto delle plastiche, la valorizzazione degli scarti dell’industria alimentare, le nuove strategie per la produzione di biocarburanti e l’approccio integrato per la salvaguardia del suolo.
Tra i relatori, oltre ai ricercatori del Politecnico, sono intervenuti giornalisti, operatori di ONG e rappresentanti di aziende piemontesi nel campo della circular economy.
Il giornalista Franco Borgogno, dello European Research Institute, ha illustrato il problema della presenza di microplastiche negli oceani attraverso l’esperienza delle spedizioni di ricerca a cui ha partecipato nel Circolo Polare Artico, fornendo diversi campioni al laboratorio del Politecnico, esaminati dalla dottoranda Silvia Fraterrigo. Erica Varaia e Matteo Sampò, studenti del Politecnico e volontari di Sea Shepherd, hanno condiviso la loro esperienza di attivismo a supporto dell'ecosistema marino, contro la pesca di frodo di specie in via di estinzione nel Mar di Cortez in Messico. Stefano Mocali, dell'istituto CREA, ha parlato dell'importanza della diversità microbica nel suolo, spiegando i risultati di un progetto in corso in America Latina e Africa per dotare alcune famiglie di lampadine alimentate da corrente elettrica prodotta grazie ai batteri del suolo - tramite Microbial Fuel Cells. Mauro Piazzi, dell'azienda Timesis, ha ricordato l'importanza del suolo come risorsa non rinnovabile e della biodiversità agroforestale, che dovrebbe rientrare tra gli obiettivi di pagamento in agricoltura. Patrizia Pretto, invece, ha parlato di metodi di trattamento di suoli e acque contaminate tramite batteri ambientali.
I partecipanti hanno avuto la possibilità di visitare l'impianto di trattamento rifiuti di Acea a Pinerolo, che produce biogas e biometano dalla digestione anaerobica, con conseguente vendita di compost di alta qualità usato anche per riqualificare le aree degradate del comune di Torino. Questo impianto, grazie a fondi europei, si propone di diventare una vera e propria bioraffineria per la produzione di molecole ad alto valore aggiunto.
Il workshop si è rivelato utile non soltanto per i tecnici, ma anche per divulgare a un pubblico più ampio questi temi di grande importanza. È stato un’opportunità per gli attivisti delle associazioni per l’ambiente e per i docenti degli istituti tecnici superiori, con la volontà di allargare la partecipazione dei loro studenti a questi progetti per la difesa dell’ambiente.