La ricerca di un indicatore del benessere economico e delle prospettive di crescita di un Paese è da sempre il Sacro Graal degli studi economici. Il Prodotto Interno Lordo (PIL) ha fatto il suo tempo e, soprattutto, ha mostrato i limiti di una narrazione tutta basata sul valore monetario dei beni prodotti, incapace di catturare la complessità delle economie moderne. Nel turbolento scenario degli indici economici arriva ora la proposta del Politecnico di Torino: il GENEPY!
Con una pubblicazione sulla prestigiosa rivista Nature Communications, Carla Sciarra, Guido Chiarotti, Luca Ridolfi e Francesco Laio del Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture, propongono che il Generalized Economic Complexity Index (GENEPY) rappresenti oggi la migliore alternativa all’ormai obsoleto PIL. Attraverso le più recenti scoperte sugli algoritmi delle reti complesse, il GENEPY, come l’omonimo distillato tradizionale di erbe delle Alpi occidentali, distilla la complessità della rete del commercio internazionale restituendo un indice che permette di confrontare tra loro le prospettive di innovazione e crescita dei singoli Paesi. Secondo questa impostazione, i Paesi in grado di produrre beni più complessi sono anche quelli meglio attrezzati alla futura crescita economica. Il posizionamento dell’Italia in questa speciale classifica è di tutto rispetto, attestandosi in tredicesima posizione, alle spalle dei colossi Giappone, Korea, Germania, Svizzera e Stati Uniti (che occupano stabilmente le prime cinque posizioni), ma davanti alla Francia, alla Spagna e ai Paesi Bassi.
“Il quadro globale delineato dal nostro indice riguardo al legame tra crescita e innovazione”, commentano gli autori, “può certamente aiutare i paesi nelle loro decisioni di politica economica, specie ora che la crisi indotta dalla pandemia richiede scelte coraggiose e non convenzionali”.